poesie


24 luglio 2006, ore 6.00, koan park
Odori, sapori, immagini
a rincorrersi
su fili sospesi:
ma, …. solo presenze di nulla!
 
Non guardo
occhi a me cari,
non odo
voci,
non tocco
corpo,
né labbra né umori!
 
E decido ancora,
depongo il pennello
e aspetto quieto
che si formino immagini lontane,
mi scopro a ricordare i ricordi,
a dimensionare
la mia esistenza:
i miei sogni vagano,
amanti irrequieti,
tra nuvole bianche e azzurre,
in indicibili inseguimenti
dell’irredenta
balena bianca.
acqua di lago
Acqua di lago!
E l’airone,
amico di sempre,
scivola lento
a carezzare il tiepido
velo d’azzurro;
coppia di oche
plana docile
sull’acqua-vento
a rincorrersi
e a cercare
nuovi sistemi;
i corvi
gracchiano di lontano e
i salici
carezzano il vento:
nuvole buie
laggiù
ad addensare pioggia.
avevo dato
Avevo dato
incarico al mio cuore
di dare
un senso in più alla mia vita,
e di non desiderare più:
non era così
perché
mi ha portato  a
rinchiudermi
nei tuoi occhi
dove mille tramonti
segnano
i miei sogni,
dove i sogni
cercano
sentieri lontani,
dove i sentieri
portano
a lingue per baciarti
buttavo dietro
Buttavo dietro
L’ombra di me stesso,
 quasi a render vana
ogni possibile attesa,
ogni possibile intesa:
erano i giorni
del rinnovo,
dei ricordi sensibili,
di immagini stanche,
di realtà diverse,
di sostanziale mancanza
di volontà di essere.
cercami
Cercami,
prima che l’intensità dell’aria
trafigga
il mio spirito libero.
come nei miei sogni
Come nei miei sogni,
la realtà se ne è andata!
Sono nato nella solitudine,
e la solitudine
è rimasta dentro di me!
 
Piano bar in un caffè di stazione,
blues e flamenco,
e in chiusura versi di Lorca:
occhi grandi colorati
ad intuire sensi e sensazioni!
 
Morire a 25 anni:
la natura esige quanto ti dà,
e la tua vagabonda solitudine e
il tuo mondo sono fermi
nelle tue pupille di fanciullo irredento!
 
Era il tempo dei Martini,
il tavolo dei bar era poi accademia,
e poi politica,
donne, donne, e ancora donne,
altro che politica!
 
E’ memoria il tuo corpo nudo
tra verde di foglia e azzurro di cielo,
e cammini nuda
come un re ebreo,
entri tra steli di vita ancora acerbi e
 
rossi di fuoco,
abili e inconsci come sogni
di notizie:
messaggio segreto
in continua eccitazione.
 
Un suono trafigge le orecchie,
e Ringo e George
accarezzano frementi i loro avidi strumenti,
e Paul e John,
anime nere di lacrimose canzoni
 
e di ripetuti ritmi
di pensieri-serpenti,
rompono il sonno
di nuvole insistenti
che corrono e ……corrono!
 
E preferirei essere arrestato
per i miei sogni di
sesso politica sogno
più che lodato per le estemporanee qualità
di “soggetto essere”!
 
Perché non sono dio?
 
Sono forse incapace di vivere
solo perché non amo la massa,
o solo perché il mistero è
la mia
essenza di vita?
 
E mistero è
l’elemento vitale dell’esile
magrittiana farfalla,
e Li Po,
grande amatore,
 
e poi anche poeta,
e non perché
in questo sia meno di quello.
E mistero è
l’illusione del ’68,
 
e i diritti corrotti e calpestati,
e i momenti d’essere,
e gli articoli non scritti,
e le presenze magrittiane,
e il quotidiano.
 
 
Silenzioso, penso agli amici d’un tempo,
e mentre corrono
nuvole inerti
ho ancora vino nella ciotola,
 
e il grido di un’anatra selvatica
 
invade il sonno rotto
dai ricordi
di infanzie felici a rincorrere
donne, farfalle, rose,
in campi di immani sentimenti.
 
E decido ancora,
depongo il pennello
e aspetto quieto
che dal buio
si formino immagini lontane
 
e a me vicine
quel tanto che basta
per essere sulla tela:
le mie eterne donne,
i miei sistemi di crescita,
i sentimenti e le rose,
e forse anche le farfalle;
intanto, acre,
una nota stonata di sassofono
si ripete di lontano.
 
Dov’erano più i ricordi dell’università,
pizze fumanti
e libri sotto il braccio,
aria di intellettuale, già Ginsberg,
e Kerouac o Arrabal o Pasolini.
 
E forse De Andrè è ancora vivo:
Re Carlo e Bocca di rosa
viaggiano insieme
su note speciali
di amore sacro e profano.
 
 
E finì sposato
a chi in cambio gli desse
impossibili complicità
negli atti impuri di furiose carezze o
di innominabili modi di godere;
 
finito poi a masturbare
quei poveri sentimenti,
scatarrando lo sperma
avido di nuove e pie
eterne donne.
 
Ed ho paura
delle notti vuote
e degli occhi che ancora vagano
a cercarti,
lì dove esiste il passato,
e i vecchi amori,
sentimento, più che reali,
e infedeltà;
e i rinfoltiti pudori
sono altro che enigmi!
 
E più volte ho tentato,
ma, implacabile,
la mia anima non ha osato morire,
e devo ancora aspettare
prima che lasci il mio corpo.
 
Avrei voluto imbottirmi
il corpo di metedrina, ma un po’ di fumo
ha esaurito la mia esperienza
in un quadro e dei versi che ancora sono
il segno del mio tempo.
 
E’ mistero
quel giovane sul treno:
mi chiedeva soldi
per un biglietto non suo,
scusandosi mille volte;
 
e mistero è
il libro dei ricordi,
quando bimbo alla scoperta,
entusiasta,
del sesso da sempre,
 
ero compresso dalla voglia
di guardarlo,
studiarlo,
toccarlo,
incurante dei sensi di colpa.
 
 
Poso ancora il pennello,
più non occorre
toccare il colore,
sono ebbro
e giaccio nel mio letto:
 
che cerco ancora?
Non è forse vero
che sono vivo da sempre
e il paradiso è qui?
Perché non sono dio?
 
 
 
Ci sono oche lassù,
e carezzano morbide
i chiarori lunari;
leggendo m’addormento
e il colore invade la tela.
 
 
E’ vero,
le ragazze dovrebbero farlo
di più,
è bello essere amato da delicate mani di donne.
 
Ed era quello
 il segnale che aveva chiuso:
nato già marxista
e sessantottino,
ma già allora goliarda e gaudente,
 
e c’era fascista e fascista,
borghese e borghese,
socialismo e socialismo,
e forse anche
potere e potere.
 
 
E mi sarebbe
piaciuto essere De Andrè,
e le sue melodie
di tristi e reali immagini
di poesia visiva,
 
e mi sarebbe piaciuto,
ma, quasi,
non riesco più a volare!
E depongo la penna,
che le parole non invadono
 
più sapientemente
il foglio!
Come è difficile
essere gabbiani e, ancora,
donna, rosa, farfalla!
 
 
 
Sosto sulle rive del lago,
le canne ostentano carezze,
le oche volano basse,
non ho più voglia di scrivere!
……………………………..
 
 
 
Prima di lasciare
lo spazio
mi giravo un’ultima volta.
Pensavo al mio quadro
plasmato,
 
come con un pollice,
a sollecitare
strane simbologie sessuali,
blasfeme come donne
dai mille volti.
 
 
Vado rispolverando
antichi appunti, fissati
per chissà quale occasione,
come figure ormai perse nel tempo.
 
Le albe, i tramonti,
mi colgono
in posizioni delittuose,
immagazzinate ormai nella memoria.
 
Un flauto
di raffinata sensibilità e di
inusitata malinconia
suona da solo,
al buio.
 
Ero felice di esplorare
la sua
sensibilità dichiarata e
segreta.
 
Ero spinto a cavalcare
le sue ragioni,
che mai nessuno
ha scritto
e concepito.
 
Ero felice
di introdurmi in corpi
di donne belle e brutte,
in montagne innevate
più volte profanate:
 
e mi divertirei
ad ingravidarle tutte
con una immensa,
bianca
distesa di petali spermatici.
 
“laggiù ci hanno ammazzato un poeta”!
Era presto, di
mattina, ed era vero!
era buio, ed era vero!
e lasciò il segno!
 
Oggi ho deciso,
sono fermo:
quelle oche lassù non
alieneranno il mio pudore,
il vento
                                                   non carezzerà il mio sesso
come morbida e arrendevole canna,
la luna
veglia già, lì fuori.
 
I tuoi mille, cento, dieci silenzi,
non bastano ad immaginar parole!
Non dormo,
 
invento sinfonie alla
luce della luna;
batte la pioggia
sopra i picchi dei monti;
solo e tranquillo
mi siedo a bere,
un corvo mi riserva
il suo acre conversare!
 
Preferivo poi
essere
a caccia di api selvatiche,
a rincorrere
fiori devastati da farfalle,
a riordinare
formiche desiderosi di magazzini,
anche perché,
dopo,
non c’era nessuno
ad attendermi!
 
E indelicatamente
mi strusciavo ai tronchi degli alberi,
carezzato
dai canti degli uccelli e
dal tenue colorir dei fiori,
riversandomi poi
in impudiche erbe di prato,
insistentemente dorate
dai soli di maggio!
 
E forse
il desiderio era forte:
lasciarsi vivere e morire lì,
lontano
dalle case basse,
lontano dai lamenti dei morti,
lontano
da quel fine vestito
sotto il quale indugiava
corpo mai immaginato!
 
Depongo il pennello,
e mi siedo accanto;
che voglio ancora
se i miei pensieri ignorano
cielo e terra?
 
Le oche volano alte
tra mille nuvole bianche;
appoggiato a una canna
seguo con lo sguardo
un grido d’uccello!
 
Sedetevi
ai bordi dei ruscelli,
e volto lo sguardo
al chiaror della luna,
lasciatevi sedurre
dal cielo
e dalle stelle dei picchi dei monti:
nel buio,
in silenzio,
un flauto cantilena il suo verso
……………………………
 
 
Ero seduto
nell’attimo della mia stanza
a provare note
che non uscivano,
a immaginar
pensieri di fiori selvatici
che scivolavano
su prati di dolore,
e che rinascono da sé,
anche senza primavera:
e anche quella sera
gli uccelli cantavano
quelle melodie
che annunciano
che il giorno finisce!
 
Steso su cuscini d’erba,
a lungo immobile,
seguivo interminabili teorie
di ombre di nuvole
d’uccelli,
e grosse gocce di rugiada
fendevano la notte
disseminata
di ombre allungate.
Cani guaivano lontano,
e brusii
di animali sconosciuti
esaltavano
la pace dei sensi.
 
Ad un tratto
il senso del vero
assale
i porti brumosi
di terre nascoste;
 
ed ero contento,
alla ricerca
dei sentieri repressi,
degli elementi essenziali di vita
che spesso e
delicatamente evocano
aspetti
misteriosi e sconosciuti
della realtà:
ero forse incapace di vivere!
…………………………
 
Non dormo,
ascolto tranquillo
una fila di corvi raccontarsi
di avventure d’amore
tra foglie d’autunno;
 
ascolto pure
i colori al tramonto che
fitti come nebbia,
si posano incredibili
su note d’amianto.
 
Il cielo è blue,
ormai,
un vento tiepido
esalta le foglie, i rami,
le canne.
S’alza pure la luna
come  a chiedere dei tempi passati,
dei ricordi,
e forse di domani!
 
Note amiche
corrono insistenti
tra mura di case silenziose
e crepitio
 di legna da ardere:
avevamo ancora da  bere,
allora,
e ascoltavamo musica,
e c’era dialogo
tra i mille vicoli
di “Pink Floid” abbandonata,
e il buio
ci era amico e fantasma,
e “l’altra faccia della luna”
accompagnava
i nostri silenzi espressivi,
le nostre esperienze di viaggi,
le nostre emozioni!
 
Ora non più,
solo e tranquillo
mi scopro a ricordare i ricordi,
a dimensionare la mia esistenza:
 
 
non ci sono più
 gli amici di un tempo,
alcuni poi sono altrove,
insensibili ai rumori
e ad ogni dimensione vivente;
ho scavato
buche nella terra,
e piantato alberi:
solo così
parendomi di averla violata tutta,
esile e delicata,
con insistente pienezza
e indelicato candore;
 
ho espresso
desideri più forti
per il mio sesso ancora
ebbro di carezze e
di notti
d’amore di gioia e
poi forse
di solo torpore.
 
Ora, non vedo più
uccelli sui rami
né uomini intorno:
forse vagano,
amanti irrequieti
persi
tra nuvole bianche e azzurre,
in indicibili inseguimenti
dell’irredenta
balena bianca;
 
esile baia
spesso calpestata
da orme leggere:
forse che il vecchio Dersù
era anche lì
ad affermare
la sua presenza di vita!
Di lontano,
un’anatra dispersa
rompe il silenzio.
 
Centomila indiani estinti
si lasciano vivere
ormai
in campagne lontane
e carezzarsi
dall’erba verdissima,
sotto raggi d’oro;
e le immense praterie
non sono più tali;
altri cavalli
distruggono
l’erba di una natura
fin troppo arrendevole;
 
e vorrei essere lì
anch’io,
nella verità dei ricordi
di questa mia unica vita,
 
nel mistero
di terre nascoste,
di più umani sentimenti,
di imprevisti
sentieri d’amore.
 
E vorrei essere lì,
………anch’io!
 
                                 (1983)
cosa ne è stato del vecchio letto di fiume
                       Cosa ne è stato del vecchio letto di fiume,
                       cosa del crepitar di ciottoli
                                   e del volo d’anatra,
                       cosa del flebile volo di farfalla
                                    e delle grandi ali di airone:
 
Ritornano
i silenzi nelle notti
           dove veglia la luna, e
tornano
           i momenti d’essere
al crepuscolo!
 
                       Come nei miei sogni,
                       la realtà se ne è andata!
                       E ricordo ciò che amai, provai, desiderai!
                       Ricordo chi scelsi e chi rifiutai,
                       le lievi brezze sul salice
                       e le erbe sulla spiaggia,
                       i sospiri del corpo e
                       gli erbosi mandala,
                       tramonti rosso gialli su campi
                       erbaverdecollina
                       calpestata da cento e mille cavalli,
                       pascoli di luce e catene di cristalli,
                       fili d’erba al vento dell’est!
       
Mi decisi a rinascere, e
scelsi il mio spazio:
solo il tempo
per una vita alla volta!
 
          E avete lasciato a noi,
          agli artisti,
          il desiderio di capirla,
          là dove la musica svanisce
          nei colloqui di Mozart
          coi maestri,
          nell’immobilità d’immagine
          di magrittiana memoria,
          o nel dojo abbandonato
          del vecchio maestro zen
          ………………………..
 
 
                       Non mandatemi
                       in luoghi stranieri:
                       una vita alla volta,
                       un mondo alla volta!
 
                                            
                       Prima che i miei fiori
                       saranno pensieri impossibili
                       decido di andare
                       a caccia di api selvatiche
                       nelle cento e mille praterie,
                       quale vittima sacrificale
                       propiziatoria
                       dei riti primaverili;
                       acqua-terra e nuvole-spazi,
                       le foglie si mischiano al sole
                       nei ventri – praterie,
                       brumose melodie bivaccano
                       sopra l’orizzonte,
                       cieli galleggiano
                       su fili d’erba,
                       fiori vibrano tra nebbie bianche
                       sui picchi dei monti:
                       
                       i poeti e gli artisti
                       sono folli del loro stesso piacere!
 
 
                                                       lino alviani – epitaffio
castel di sangro 16-01-1999
                
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
alla fine,
lasciatemi qui!
in polvere.
 
lino alviani – epitaffio per “OSIRIS”
  
dal volumetto - donne
A ciò doveva rispondere con naturalezza
l’inchiostro che, nel libero contatto della mente
con la natura rievocata, scendesse
dal pennello sulla seta morbida
come fecondo seme da un membro virile.
(da LI PO)
 
 
 
 
La confusione dei tuoi capelli
tesi a rendere cornice
al tuo viso, la tua bocca,
i tuoi occhi,
come di Monna Lisa;
sentiero impervio e
desiderabile,
completo e
irresponsabile,
caduco e voluttuoso,
preso, da prendere e non lasciare,
tu sei, in carne ed ossa, le mie aspettative!
(1990)
Cieli assolati d’inverno carezzano
lune al tramonto, e mi ritrovo
a guardarti, ogni giorno, in
uniche, incorrotte situazioni
d’amore! Sogni e sentimenti lascivi
imitano i miei desideri che
ancora cercano te!
(1988)
 
 
Erano i tempi di luna piena e
raggiavano i grani
sotto i rossi al tramonto:
i miei dodici sogni d’amore
lamentavano
immagini d’attesa:
accarezzavo i miei desideri
e lascivamente ero canna
regale al vento di marzo:
sono solo ora,
i giardini d’autunno
lasciano cadere le foglie,
i canti d’amore
annunciano cuscini di foglie morte!
(1984)
 
 
Mari assolati d’inverno
ancora godono di presenze
regali, i sogni lascivi
innalzano canti d’amore
su note
aride di sentimenti morti;
memorie, immagini,
ardori, passioni,
regalano sogni d’amore;
i miei desideri,
sentieri di rosso al tramonto,
ancora cercano te!
(1984)
 
 
Vorrei
carezzare la tela
con morbido pennello
per cercare te
in quell’immagine;
Vorrei
Tu fossi nebbia leggera
E perdermi, delicata ninfea,
sotto lune di pioggia;
Vorrei
Averti, silenziosa farfalla
Al tramonto,
per essere vento gelido
tra i tuoi capelli;
vorrei
essere candida neve
e scrigno silenzioso
di foglie, fiori
e tue orme nascoste;
Vorrei
parlare di te
sui sentieri al tramonto,
e dimenticare il tempo
che ti avvolge;
Vorrei
Infine,
essere te e possederti
così
due volte!
(1984)
 
 
Era il tempo dei Martini,
il tavolo del bar era poi accademia,
e poi politica,
donne, donne, e ancora donne,
altro che politica!
E’ memoria il tuo corpo nudo
tra verde di foglie e azzurro di cielo,
e cammini nuda
come un re ebreo,
entri tra steli di vita ancora acerbi e
rossi di fuoco,
abili e inconsci come sogni
di notizie:
messaggio segreto
in continua eccitazione.
(1983)
 
                                                        E’ nero pensare a te
Nei ricordi d’autunno
Colorati rosso intenso:
esito ancora un po',
aspetto forse
 
di vedere i tuoi capelli
oltre quei cespugli:
vorrei dedicare la tua immagine
ai miei sensi di colpa,
inutili finchè vuoi
 
ma pieni d’angoscia
come le cento e mille
foglie del salice,
verde nebbia
a ostruire il sole.
 
Vagano farfalle
a posarsi sui petali
che cascano senza suono;
volano alte le anatre
a cercare posti sicuri;
 
venti tiepidi
carezzano le canne,
qui sulla riva del fiume;
pendola già la luna
ad annunciare
 
che il giorno finisce;
ozioso,
poso la testa su cuscini d’erba:
nuvole intense e bianchissime
si rincorrono a cercarti per me!
(1984)
 
 
Forme
di vento
di luce
d!’amore,
si forse proprio d’amore!
Tela stracciata
di immensi oblii,
emergono
aurei
immani sentimenti
a
                                  riciclare
                                 il senso
                           nero
della vita!
 
Forme-colore
gioia-repressa
chiedi-ti do
prendi-ti do
e l’alba
esclude il tuo
“campione”
(1990)
 
 
 
Luci,
ombre del passato, colori!
Ricordo quando ero
Ebbro: lo sarei ancor di più per
Dimenticare che esisto, per fondermi con le
Azzurreggianti distese dei campi, fra
Nebbie dense
Al tramonto, e
Lucide follie amorose, fra
Opercoli dischiusi
E rosso dei tramonti autunnali!
E mistero erano i milleduecento anni prima:
data in cui i miei occhi videro la luce,
articoli non scritti,
neve sciolta a svegliare
ancora di più il desiderio.
(1991)
 
 
 
Prima di lasciare
 lo spazio
mi giravo un’ultima volta.
Pensavo al mio quadro
Plasmato,
 
come con un pollice,
a sollecitare
strane simbologie sessuali,
blasfeme come donne
dai mille volti.
 
………………………….
Ero felice
Di introdurmi in corpi
Di donne belle e brutte,
in montagne innevate
più volte profanate:
 
e mi divertirei
ad ingravidarle tutte
con una immensa,
bianca
distesa di petali spermatici.
(1983)
dieci
dieci
cento
mille
occhi del mondo
non pareggiano i tuoi,
cento
mille
diecimila
sentieri nascosti
mi portano a te:
estasi
neve
zen
amore.
 
 
 
lino, ore 06.10 – 22 ottobre 2006 
e' lontana la primavera
E’ lontana la primavera,
il giorno è quasi andato!
E il sole
a segnare l’ora del tramonto,
a sciogliere la neve,
a sollecitar le bacche.
Solitario,
in Koan Park,
brocchetta di vino e
fumo di pipa,
gracchiar di corvi e
sussulti di passeri,
gatti in amore
implorano
lo spirito delle cinque stelle,
e l’airone
volteggia nel cielo
quasi a sfiorare
la luna obliqua,
a riconquistare
le poetiche del quotidiano.
 
                         26 febbraio 2002
 
 
 
Anche un orologio fermo dice l’ora esatta due volte al giorno...
e' nero pensare a te
E’ nero pensare a te
nei ricordi d’autunno
colorati rosso intensi;
esito ancora un po’,
 
aspetto forse
 
di vedere i tuoi capelli
oltre quei cespugli:
vorrei dedicare la tua immagine
ai miei sensi di colpa,
inutili finchè vuoi
 
ma pieni d’angoscia
come le cento e mille
foglie del salice,
verde nebbia
a ostruire il sole.
 
Vagano farfalle
a posarsi sui petali
che cascano senza suono;
volano alte le anatre,
a cercare posti sicuri;
 
venti tiepidi
carezzano le canne,
qui sulla riva del fiume;
pendola già la luna
ad annunciare
 
che il giorno finisce;
 
ozioso,
poso la testa su cuscini d’erba:
nuvole intense
si rincorrono a cercarti!
 
 
era lì
 
Era lì, nel mio sogno, che si muoveva in maniera estatica alla visione dei miei quadri in mostra, alla ricerca di chissà quali sensazioni.
Era lì, che si muoveva in maniera superba al di sopra dei suoi quindici anni, piena dei suoi seni acerbi e sodi, col suo corpo di donna fatta, col suo viso rotondo e delicato e la sua bocca carnosa e ben segnata, desiderosa di altre voluttà e di significati nascosti.
Era lì, che si avvicinava sempre più, lussuriosa e incosciente, delicata e perversa.
Era lì, come piaceva a me e come avevo sempre desiderato la donna.
Le mie mani e i miei desideri infransero la dolcezza del momento e la visione estatica. Era dolce la sua pelle liscia, e i suoi desideri erano i miei; la punta del suo seno irrigidì con le mie sensazioni, ma continuai ad esplorare quel gran bel corpo nell’istante in cui i suoi occhi si chiusero, la sua bocca si aprì ad accogliere la mia, e la mia eiaculazione precoce pose fine al mio desiderio.
 
                        Castel di Sangro, 22 ott.2002
haiku
HAIKU
 
 
Gocce pesanti;
poco importa se l’uccello
è al riparo!
 
 
Vecchio letto di fiume.
Rana gracida,
flebile volo di farfalla.
 
 
Vecchio letto di fiume.
Crepitar di ciottoli;
lontano, volo d’anatra.
 
 
Alla fine,
lasciatemi qui!
In polvere.
 
 
Non posso
non perdermi
nei tuoi occhi.
 
 
Lungofiume,
grandi ali di airone:
più non mi spaventa!
 
 
Acquaterra,
ultima goccia che
ancora vive.
 
 
Nuvole spazi,
volo di aironi:
il nulla mi abbandona!
 
 
Perché
Salire i picchi:
tu sei qui!
 
 
Né il tuo viso,
né i tuoi passi m’appaiono:
amo ciò che sento!
 
 
Mi riposo,
lasciando che l’acqua del fiume
scorra a valle.
 
 
Primavera,
fiocchi di neve:
è presto!
 
 
 
 
La luna è alta;
io, nebbia azzurra:
non c’è notte
che non evoca te.
 
 
 
 
Arriverà,
il vento d’autunno
arriverà.
 
 
 
 
Vaga idea,
mente vuota,
accade.
 
 
Scorre,
suono di ruscello,
l’airone.
 
 
Anche oggi
l’airone è qui.
Primo marzo.
 
 
 
Il fuoco.
Vicino mio nonno
Felice.
 
 
 
Ronzio d’api,
In alto l’airone,
Ali di rondine.
 
 
 
Ruscello,
sera d’estate,
pigolii!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ondeggiano
fiori di farfalle,
lavanda.
 
 
 
Rondini
preparano il volo,
migranti.
il silenzio avanza
Il silenzio avanza e
 
migliora il corpo e
 
ravviva l’anima stanca:
 
rilassa,
 
purifica,
 
rinnova!
mi giunge una lettera
 
 
 
 
 
 
Mi giunge una lettera,
non conosco
la scrittura,
 
e poi, mi sembra tua!
 
Solo,
in Koan  Park,
vino e fumo di pipa,
gracchiar di corvi,
attendo che il
Signore degli attimi
presenti
la ripetizione della vita.
 
Vorrei
dedicare la tua immagine
ai miei sensi di colpa;
ma poi,
ozioso,
poso la testa
su cuscini d’erba
e lascio
che nuvole intense
vaghino
a cercarti per me:
ascolto
senza ascoltare,
perché
è nel vuoto zen
che vediamo con
tutto il corpo,
perché
il tuo ascolto
è nella fattualità intimista
di una poesia
poeticamente sentita,
di un sole che
ti aiutava a crescere
come cellule
di batteri acquatici,
 
come donna
dei momenti disincantati
che vive
di transfert e di
passioni,
come pensieri
decontestualizzati,
come rapporto
tra colore fondo e
figura,
tra il fare arte e
riparazione poetica personale,
come chi vive
nel mistero di terre nascoste
e in indicibili inseguimenti
dell’irredenta
balena bianca,
come vento tiepido
che carezza le canne
sulla riva del fiume,
come le cento e
mille foglie del salice
in una tela magrittiana,
come volano
le anatre
nei non luoghi,
come volano
le farfalle
in suoni senza suoni,
come crepuscolo
che scende
sulla montagna della
terrazza sacra
tra il velario d’acqua e
la luna
dell’erba rossa,
come me
che andavo a
raccogliere arcobaleni e
a perdere la pazzia
tra le montagne.
 
Al crepuscolo,
nulla
può trattenere il sole
dal tramontare,
e
gli amanti
gli artisti e i poeti
sono folli del loro stesso piacere.
 
lino alviani, castel di sangro, venerdì 17 gennaio 2003 – per Mandra
non più l'airone
Non più l’airone,
né ali colorate,
né odore di lavanda,
né più occhi a guardarmi:
solo e vuoto
koan park
sussurra silenzi
di sentimenti perduti.
 
 
20 settembre 2006, l.a.
pescavo
Pescavo l’acqua che,
lasciva,
su ciottoli d’erba
fantasticava
di racconti vissuti;
 
lieve e affannoso,
timoroso e mortificato
un airone
rompeva l’aria
e il crepitar dell’acqua.
 
Cento e mille
gli aironi
a seguire il guardiano
di castel di nuvole!
 
Erano forse
nuovi epocali cambiamenti:
domani
pescherò la neve!
 
Castel di Sangro 22 febbraio 2001
 
 
 
 
Mi riposo,
lasciando che l’acqua del fiume
scorra a valle.
 
Castel di sangro, 20 febbraio 2002
 
 
 
Primavera,
fiocchi di neve:
è presto!
 
Castel di Sangro, 22 febbraio 2002
 
poesie per Paola
                                               P.P.P.
poesia per paola
 
Paola nei miei pensieri.
La luna è alta,
ad annunciare che
il giorno finisce,
ma il regno dei sensi
riconduce
i miei desideri
ad immagini fin’ora mai viste,
a pensieri fin’ora mai consumati,
a realtà fin’ora sconosciute.
 
Paola dei miei pensieri.
Carezza e desiderio,
desiderio e passione,
possesso e ragione.
 
Mi ritrovo a guardarti ogni giorno
in uniche,
incorrotte
situazioni d’amore.
 
Paola sui miei pensieri.
Un sentiero impervio preso,
da prendere
e da non lasciare.
Dimenticare che esisto
e perdermi
tra le più lucide follie amorose.
 
Invento sinfonie
alla luce della luna,
e le tue mille,
cento,
dieci presenze
non bastano ad immaginar
parole.
 
Esito ancora,
forse ci sono i tuoi occhi
nel giorno che viene
a riordinare i tempi,
a chiudere i sistemi,
a ricordare i ricordi;
quando amavo
rincorrere
farfalle ed api selvatiche
nei tramonti d’agosto
e di erba verdeggiante,
quando chiedevo
di svelare il mistero
e di dimenticare
i miei sensi di colpa;
e il desiderio era forte:
morire lontano,
lontano dai ricordi d’autunno
lontano dalle rive del lago
lontano dalle lune di pioggia
lontano dalle nuvole-spazi
lontano dall’acqua-vento
lontano dal castel di nuvole
lontano dalla luna obliqua
lontano da quel fine vestito
sotto il quale indugiava
corpo mai immaginato.
 
 
l.a. sei aprile duemilaquattro
quasi a dormire
Quasi a dormire!
Silenzioso e
costante nel suo volo
radente,
torna l’amico di sempre
a portar notizie
del castel di nuvole;
nuovi germogli
inverdano l’aria,
fili di salice
scendono quieti
dalle cinque stelle;
e pescavo l’acqua
tra il sole e
l’azzurro:
ma la lenza stride e,
lontano,
il pesce rompe l’acqua.
 
 
 
Marzo 2001
silvia
Silvia
Immane desiderio:
La tua bocca decide!
Vorrei,
Infine, essere te, ed
Averti così due volte.
sole interiore
“sole interiore” che dilata lo spirito,
 
composto di umore e luce,
 
aroma, sapore, fantasia,
 
e che il vino sia!
 
 
 
 
 
 
Il silenzio avanza e
 
rigenera il corpo e
 
ravviva l’anima stanca.
 
Rilassarsi,
 
purificarsi,
 
rinnovarsi.
 
 
2002
sotto il ciliegio
Ero lì a masticar ricordi,
a ricordar futuro.
 
E la collina mi offriva
zelanti possibilità
di essere eroe:
ma ero stanco, e
sicuro che idee e frastuoni
sarebbero stati
molto lontani dai
sentieri nascosti,
certo che le immagini,
le certezze,
le carezze,
i desideri
erano, e saranno
nella mia terza vita.
 
Sotto il ciliegio, nere farfalle.
 
E’ lì a ricordare
i tempi futuri di una
nuova vita,
di nuove fantasie al potere,
di immagini a rincorrersi
in campi di erba
rosso fuoco al tramonto,
di figure esagerate di
rimmel color pastello e
fuseax flou,
di tenere effusioni
dedicate più ai pensieri
che ai corpi:
finite le ideologie,
la politica meticciava ed era alla fine:
che rimane più sulla collina?
 
Sotto il ciliegio, Osiris.
 
Inseguivo labirinti chiusi
ai miei sensi
ai miei amori
alle mie scorrerie
alle mie fantasie di immagini
spesso represse
per falsi pudori
di falsi poteri
di stronze paure
di rabbie infernali.
E rifugiarsi nell’effimero
non salvava la mia vita,
non rendeva il mio futuro
come
via vai continuo di rondini:
anche la gente se ne è andata,
e sono arrivati i cuculi.
 
 
Sotto il ciliegio, le foglie cadono a sciami.
 
I gatti guardano immobili
gli alberi spogli,
i prati gialli e rossi,
merli che trillano,
angeli senza ali,
le ceneri del mio tempo,
 una luna sempre uguale,
il suono di un non suono.
 
 
Sotto il ciliegio, il signore degli attimi.
 
Memorie selvatiche di
immagini  di erba verde-collina,
del labirinto armonico
sul ponte delle farfalle,
dove finiva la paura e la rabbia.
Il tessitore di connessioni
segna il confine tra il vero e non vero,
e recitavo mantra
quasi a togliere il disturbo.
 
Sotto il ciliegio, farfalle labirintiche
 
La primavera avanza,
le foglie si allargano!
Vorrei non attraversare più strade asfaltate
ma tornare a calpestar
zolle di terra spaccata;
fuori, i merli fanno chiasso
e l’airone ritorna,
un piccolo canto di grillo che
ogni tanto cambia tono,
via vai continuo di rondini:
il senso di una lunga estate indiana.
 
Sotto il ciliegio, le foglie cadevano a sciami
 
 
 
Intento a calpestare
orme di neve
impossibili,
che mi conducevano
in posti mai visti
ma desiderati,
forse non luoghi,
forse i tuoi luoghi,
forse a scoprire
un posto segreto
con tue immagini
sedotte dal tempo.
Cercavo l’ombra
per non vedere il mondo in chiaro,
esco dai miei schemi e cerco
cose nuove,
nuovi rapporti,nuove idee,
e dalle montagne cala
un vento malinconico e
va componendo armonie;
gli alberi sono spogli
e i rami sottili sembrano ombrelli
senza tela;
le pietre,
illuminate dall’ultima
luce d’occidente
diventano d’oro;
prati rossi e gialli
avvertono che ormai
è giunta la fine,
ma è sempre là,
che mormora,
parlotta con le notti silenziose,
con i giorni solitari,
rabbrividisce al gelo dell’inverno,
si crogiola al sole dell’estate:
LA ROSA PIU’ BELLA
E’ SEMPRE ALL’OMBRA!
 
 
lino alviani, agosto 2014
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